Niccolò Ammaniti

Chissà come se la passa in questi giorni Niccolò Ammaniti

Chissà come se la passa in questi giorni Niccolò Ammaniti. Chissà se l’essere costantemente tirato in ballo dai critici e dai lettori gli procura qualche fischio alle orecchie che magari scambia pure per un fastidioso acufene.

Fin da qualche giorno prima dell’uscita del suo ultimo romanzo “La vita intima” era evidente che ci trovassimo di fronte a quello che di norma viene chiamato “caso editoriale”. Si parla male di un libro, si parla bene di un libro, a volte se ne parla male o bene senza nemmeno averlo letto e a volte si fanno recensioni non in base al libro, ma in base all’autore. Diciamocelo, Ammaniti è uno di quei nomi che aspetti al varco, uno di quegli autori che non vedi l’ora pubblichino qualcosa perché sai, oddio e come lo sai, te lo senti nelle viscere, che faranno rumore anche solo perché hanno un passato importante che pesa.

Compri il libro e vorresti che fosse identico a quel romanzo lì che ha scritto qualche anno fa e che ti era piaciuto tanto, magari quello che ha vinto quel premio alcolico lì, quel premio di cui tutti parlano male ma che se poi lo vinci entri a far parte di una ristretta cerchia di carne da macello per lettori incattiviti, sedicenti critici e via così. Che poi, più la spari grossa e più il rumore arriva lontano.

E quindi, com’è questo “La vita intima”?

La storia raccontata è quella di Maria Cristina Pace, detta anche Maria Pompina o Maria Tristina. Lei è la moglie del Presidente del Consiglio, lei è stata proclamata la donna più bella del mondo. Maria Cristina ha un passato burrascoso. I genitori sono morti quando lei e il fratello erano ancora giovani, poi lo stesso fratello Alessio muore durante un’immersione con le bombole e il primo marito è vittima di un incidente d’auto da cui lei esce con una brutta cicatrice da ustioni sul fianco. Ma prima della Maria Cristina adulta c’è stata Maria Pompina, una ragazza affamata di vita che si tuffa tra le braccia di Nicola Sarti, un tipo belloccio per cui lei ha una cotta. E poi c’è Maria Tristina, triste, in preda a panico e ansia, relegata al ruolo di moglie accompagnatrice che deve stare attenta a come si veste, come si taglia i capelli, che deve misurare le parole.

Dal passato torna Sarti e con lui un vecchio video porno che lui e Maria Cristina hanno girato durante l’estate che hanno passato a girare con la barca, l’estate in cui è morto il fratello Alessio. Che cosa può succedere da qui in poi a una donna che vive praticamente nel terrore di far cadere il governo anche solo abbinando male le scarpe con la gonna? Lo spettro del ricatto è in agguato, sì perché nella testa di Maria Cristina non c’è altra verità possibile. Le hanno insegnato che tutti vogliono qualcosa, tutti hanno bisogno di qualcosa da lei perché lei è la moglie di. Tutti possono usarla, ma a volerla guardare bene anche il tentativo di usarla la sminuisce. Non hanno bisogno di lei, ma di colui che le sta accanto e le fa ombra.

Il romanzo sfreccia lungo questa strada. Maria Cristina inizia a costruire nella sua mente uno scenario che è indubbiamente possibile, ma lo diventa ancora di più perché per esperienza personale non ci sono altre alternative. Non le passa per la testa che Nicola Sarti sia solo un vecchio amico del passato felice di riallacciare i rapporti, forse non le viene nemmeno in mente che nel mandarle il video porno lungo ben trentotto minuti lui le voglia anche dire: hai visto che bravo che ero? Guarda che non ho perso la mano. In fondo lei è la donna più bella del mondo, la più desiderata.

 

L’aspetto che ho apprezzato di più di questo libro in qualche modo è quello che mi ha fatto ricordare American Psycho di Bret Easton Ellis. Penso non ci siano due libri più distanti tra loro, ma ho voluto vederci un parallelo. In American Psycho i personaggi sono convinti di aver conosciuto una persona anche se non è vero, confondono le facce, i nomi. Perché? Nel romanzo di Ellis questo tipo di stratagemma serviva a sottolineare la spersonalizzazione dell’io, l’essere fagocitato da un meccanismo che aveva bisogno di persone tutte uguali, identiche nella forma e nella sostanza. Pochi erano gli elementi che potevano essere personalizzati e che in qualche modo facevano risaltare le differenze (Qualcuno ha detto biglietti da visita?) ma anche quella corsa spasmodica verso l’ultima novità, la carta migliore, la font più ricercata non era un’affermazione del sé, ma un voler sottolineare un ruolo di capo branco, un primus inter pares.

Ne “La vita intima” un ministro belga millanta di aver conosciuto Maria Cristina quando lei faceva la modella a Parigi, dice al marito presidente del consiglio che addirittura lei gli aveva preparato la pizza alla beneventana. Al che Maria Cristina dice al marito di non aver mai fatto la pizza, di non avere un’idea di quale pizza sia la beneventana. Ma ha importanza? La narrazione deve essere coerente, se il ministro belga vuole una Maria Cristina pizzaiola la avrà. L’identità viene sminuzzata e ricomposta in base a ciò che serve, puoi, anzi devi, essere qualcosa di utile.

E questo secondo me è il filo che lega tutto il romanzo di Ammaniti. Maria Cristina ipotizza. Ipotizza un tradimento del marito, il belga ipotizza una Maria Cristina pizzaiola, il Presidente del Consiglio ipotizza alleanze e di passo in passo ciò che è reale e ciò che non lo è si mescolano fino a che sembra che la distinzione non sia più necessaria.

 

Ciò che invece non ho apprezzato e che magari ho colto solo io è quello che mi sembra un tentativo di redimere Maria Cristina. Lei è bella, ricca, di successo, ha sposato un uomo potente e non le manca, dal punto di vista materiale, assolutamente nulla. Eppure sembra che Ammaniti ci voglia continuamente dire: guardate che questo essere umano ha dei sentimenti, il fatto che lei sia privilegiata non significa che non soffra, non stia male, ha pure avuto dei lutti nel suo passato, la sua vita non è stata tutta rose e fiori. Ho percepito questa vocina lungo tutto il libro e ho pure avuto la sensazione che ogni tanto qualcuno puntasse il dito sulla pagina e mi segnasse i paragrafi dove la cosa era più evidente. Certo, Maria Cristina ha sofferto come tutti, ma devo dire che i tentativi di farmela risultare umana non li ho presi bene. Maria Cristina mi è piaciuta quando ha mollato le ancore, quando si è lasciata andare, quelli sono i momenti in cui l’ho percepita viva e pulsante. E poi ci sono quei momenti in cui la sua voce interiore, la voce critica dell’auto sabotaggio prende le sembianze della vecchia compagna di scuola coatta. Quegli inserti sono davvero notevoli.

 

Ma infine, com’è questo “La vita intima”?

Non posso definirlo un capolavoro, ma sono sicuro che Ammaniti non se la prenderà e che probabilmente non gli fischieranno le orecchie. E la penso così non perché conosca Ammaniti, non perché siamo amici o conoscenti, ma solo perché ho avuto l’impressione che lui avesse una storia da raccontare e che l’abbia fatto nel modo in cui gli è sembrato più giusto. E quindi va bene così, lui ha fatto il suo, noi lettori facciamo il nostro.
Non c’è l’ho con lui che, anzi, mi sta pure simpatico, ma mi aspettavo di più, mi aspettavo qualcosa di diverso, ecco non “di più”, ma “diverso”. Eppure ha scritto questo e va bene. Darei un litro di sangue per scrivere un libro così. Credo abbia dei difetti, alcuni forse oggettivi, altri soggettivi (ad esempio il fatto che si parli di politica italiana e che tutti i nomi tirati in ballo siano fittizi, quasi caricature di quelli veri a me sa tanto di parodia, di copia della copia della copia; c’è un distacco dal reale che mi procura un certo prurito), ma è un buon romanzo che ho letto con avidità e ho finito molto in fretta nonostante le mie letture siano sempre lente e spezzettate. Ti chiedi cosa capiterà a Maria Cristina e ti trovi a fare il tifo per lei, ti trovi a sperare che molli quella palla al piede del marito e anche questo secondo me è un buon segnale.

 

Ho l’impressione che nel bene e nel male tutto il rumore attorno a questo libro non riguardi nemmeno il libro, ma l’autore. Ho l’impressione che ad ogni uscita di quel ristretto gruppo di scrittori e scrittrici che ce l’hanno fatta ci sia sempre un certo tipo di pubblico pronto con i fucili spianati, quel pubblico che guarda solo le partenze delle gare di Formula Uno.

Niccolò vai avanti così, ma non ci fare aspettare altri otto anni perché sennò, noi, con chi ce la prendiamo?

 

bodi@postfazioni.it




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