I piaceri e i giorni (ed. Mondadori) – intervista a Mariolina Bertini

La caducità della bellezza, il tempo distruttore, l’incombere della morte. E poi la resurrezione del passato grazie alla memoria affettiva, la nostalgia per la simbiosi infantile con la figura materna, la gelosia che trasforma l’amore in tortura. Sono i temi che attraversano, come motivi musicali, le pagine dei Piaceri e i giorni (1896), conferendo a quest’opera composita di novelle, versi e prose un’unità profonda all’insegna della malinconia e del disincanto. Ironico aggiornamento del poema di Esiodo dedicato ai lavori agricoli, Le opere e i giorni, il primo libro pubblicato da Proust raccoglie testi composti tra il 1892 e il 1894 e descrive il bel mondo parigino alla fine dell’Ottocento, alternando pungenti osservazioni sulla sofisticata società mondana e i suoi difetti (snobismo, ipocrisia, ricerca dell’originalità a ogni costo) e riflessioni generali sui fuggevoli incanti e le inevitabili delusioni di ogni esperienza d’amore. È racchiusa in queste pagine tutta la giovinezza di Proust: visioni fugaci, sogni, moti dell’animo, impressioni di vita, satira di ambienti, paesaggi, atmosfere e personaggi tratteggiati con una scrittura limpida e veloce. Riletta alla luce della Recherche, la raccolta del 1896 rivela una ricchezza e una profondità insospettate. Questa edizione ripropone la forma originale dell’opera, con la prefazione di Anatole France, le preziose illustrazioni di Madeleine Lemaire, artista mondana frequentata dallo stesso Proust, e gli spartiti di Reynaldo Hahn, grande amore e amico dell’autore. In appendice alcuni testi mai pubblicati o mai ripresi in volume dallo stesso Proust.

In occasione della nuova edizione de I piaceri e i giorni di Marcel Proust a cura di Mariolina Bertini e Giuseppe Girimonti Greco, edita da Mondadori, abbiamo avuto il piacere di porre qualche domanda a Mariolina Bertini, che ringraziamo per la sua cortese disponibilità a rispondere.

Professoressa Bertini, la casa editrice Mondadori ha deciso di pubblicare una nuova edizione de I piaceri e i giorni. Quali sono i motivi alla base di questa scelta editoriale? Questa sua traduzione fa seguito a quella dell’edizione Boringhieri del 1988, sempre da lei curata. Quali modifiche ha apportato nell’edizione Mondadori? Su quali elementi è intervenuta?

I piaceri e i giorni fu tradotto integralmente per la prima volta nel 1946, per la casa editrice Ultra, da Marise Ferro, moglie del grande francesista Carlo Bo, che scrisse per quella traduzione una breve nota introduttiva. Erano gli anni in cui lavoravano alla traduzione della Ricerca i traduttori della prima edizione Einaudi; proprio nel 1946 uscì La strada di Swann tradotto da Natalia Ginzburg. Si usciva allora dalla guerra, gran parte delle biblioteche erano ancora inagibili e inaccessibili molti strumenti di consultazione; le traduzioni di quel periodo erano inevitabilmente imperfette, anche se realizzate in un clima di pionieristico entusiasmo che doveva essere inebriante. La traduzione di Marise Ferro nei decenni seguenti fu più volte ristampata. Era stata condotta sull’edizione originale, del 1896, priva naturalmente di note e di varianti; dopo la pubblicazione dell’edizione della Pléiade del 1971, ricca di note, corredata di un apparato di varianti e di qualche inedito, la necessità di sostituirla con una versione aggiornata divenne evidente.

Questa era la situazione quando Giulio Bollati, nel 1987, prese le redini della casa editrice Boringhieri che visse una nuova stagione come Bollati Boringhieri. Bollati, che all’Einaudi aveva caldeggiato e seguito da vicino la pubblicazione nei Millenni degli Scritti mondani e letterari di Proust, fu felice di poter mettere in cantiere alla Bollati Boringhieri un altro Proust: una nuova traduzione de I Piaceri e i Giorni, condotta sul testo della Pléiade, integrata con qualche inedito e corredata di un ricco commento. Il commento venne affidato al più autorevole proustiano del mondo di lingua tedesca, lo svizzero Luzius Keller. Appassionato di iconografia, come Alfredo Salsano che allora lo affiancava, Bollati volle che questa nuova edizione de I Piaceri e i Giorni comprendesse anche una scelta delle illustrazioni di Madeleine Lemaire, la pittrice amica di Proust che aveva illustrato l’edizione originale. Era la prima volta che un editore italiano riproduceva quelle immagini d’epoca, che restituiscono in modo così suggestivo la temperie, il gusto, la cultura del mondo in cui si è formato Marcel Proust.

La scelta editoriale della Mondadori, di riprendere e aggiornare l’edizione Bollati Boringhieri per il centenario della morte di Proust, è dovuta alla direttrice degli Oscar, Elisabetta Risari. La sua decisione di riprodurre tutte le illustrazioni di Madeleine Lemaire, intercalandole al testo esattamente come nell’edizione del 1896, fa di questa edizione economica una sorta di prezioso e suggestivo facsimile dell’edizione originale. Un bel regalo per gli appassionati dell’autore della Recherche nel fervido clima di questo centenario che ha suscitato, anche in Italia, numerosissime pubblicazioni.

La traduzione datata 1988 nel frattempo era un po’ invecchiata e anche il commento di Luzius Keller doveva essere aggiornato alle più recenti scoperte di critici e biografi del romanziere.  Con Elisabetta Risari abbiamo dunque deciso di creare una piccola équipe, cooptando uno dei più brillanti traduttori del panorama editoriale attuale, Giuseppe Girimonti Greco, che è al tempo stesso un ferratissimo studioso dell’opera di Proust. Giuseppe Girimonti ha lavorato insieme a me a svecchiare la mia traduzione degli anni ’80 e si è fatto interamente carico dell’aggiornamento del commento di Luzius Keller. Da un costante dialogo in margine al lavoro comune è nato il mio saggio introduttivo, che molto deve ai suggerimenti di Giuseppe, alla sua vasta cultura, alle sue intuizioni.

Quali difficoltà comporta la traduzione di un’opera così composita? I Piaceri e i giorni presenta novelle caratterizzate da “un labirinto di incisi e di relative che anticipa la scrittura del suo capolavoro”, come lei ci ricorda nell’Introduzione al volume, ma anche ritratti brevi e folgoranti; ci propone altresì pagine umoristiche ma anche satiriche… Oltre a ciò, al di là dell’aspetto linguistico, l’opera “descrive il bel mondo parigino alla fine dell’Ottocento, alternando pungenti osservazioni sulla sofisticata società mondana e i suoi difetti (snobismo, ipocrisia, ricerca dell’originalità a ogni costo) e riflessioni generali sui fuggevoli incanti e le inevitabili delusioni di ogni esperienza d’amore.” Presumo che lei abbia dovuto documentarsi a lungo, consultare archivi, approfondire aspetti e usi di quella società…

La traduzione dei Piaceri è molto meno impegnativa di quella della Ricerca. Intorno al 1920, Proust ha spesso scritto a diversi suoi corrispondenti che il suo primo libro di racconti era “scritto meglio” del grande romanzo al quale stava lavorando. Voleva dire con questo che la scrittura dei Piaceri è una scrittura più classica, più vicina a quella di romanzieri come Anatole France o Paul Bourget, rispetto a quella del suo capolavoro. Inoltre, I Piaceri e i Giorni è un’opera lungamente riletta e corretta dall’autore; molte parti della Ricerca invece, soprattutto negli ultimi volumi che Proust non fece a tempo a correggere, hanno una punteggiatura più problematica e una sintassi più traballante. Dunque, la traduzione dei Piaceri è, rispetto a quella delle opere successive di Proust, o dei suoi abbozzi inediti, molto più facile. Certo, richiede una certa familiarità con il lessico e il gusto di quel periodo, familiarità che grazie a molti lavori precedenti e alla lettura di molte opere dello stesso periodo non mancava né a me né a Giuseppe Girimonti.

In appendice sono presenti alcuni testi mai pubblicati o mai ripresi in volume dallo stesso Proust. Cosa aggiungono a quello che già sappiamo dell’opera dello scrittore francese? Quanto sono importanti, a livello filologico e letterario, queste pagine e perché l’autore decise di non renderle note o, nel caso di alcune, di non inserirle nei Piaceri?

Quando Proust decise nel 1894 di riunire i suoi scritti in un volume, era in un momento molto particolare. Aveva incontrato da pochi mesi il musicista Reynaldo Hahn e tra loro era nata una relazione d’amore intensa, destinata a trasformarsi poi in un’amicizia che sarebbe durata sino alla morte del romanziere. Il libro che Proust si preparava a pubblicare non era soltanto la sua opera prima. Era una sorta di monumento segreto a quel momento felice della sua vita: accanto alle poesie di Proust sui ritratti di musicisti e di pittori, sarebbero stati presenti nel libro gli spartiti delle musiche che quei versi avevano ispirato a Hahn. Per Proust era dunque particolarmente importante che il libro racchiudesse soltanto il meglio della sua produzione precedente; e anche che non si prestasse a quei pettegolezzi, a quelle ironie che inevitabilmente all’epoca accompagnavano i sospetti di omosessualità. Proust operò dunque un’attentissima selezione tra le cose che aveva scritto sino ad allora. Lasciò da parte tutti i testi che parlavano esplicitamente di omosessualità, maschile o femminile: ad esempio il racconto Prima di notte, la cui narratrice è omosessuale, o l’enigmatico (ed evidentemente autobiografico) Ricordo di un capitano. Escluse poi, non ritenendolo all’altezza degli altri, il suo primo testo narrativo, pubblicato sulla rivista le Mensuel e intitolato Ricordo, e la lunga novella L’Indifferente, troppo simile a un’altra novella della raccolta, Melanconica villeggiatura di Madame de Breyves. Insieme a Giuseppe Girimonti, abbiamo deciso di riprodurre in appendice una scelta di questi testi scartati; alcuni già comparivano nell’edizione Bollati Boringhieri, ma per esempio i due testi tratti dalla rivista le Mensuel negli anni Ottanta non erano ancora stati ritrovati e attribuiti con sicurezza a Proust. Nel frattempo nel 2018 erano stati trovati da Luc Fraisse, nell’archivio privato di Bernard de Fallois, numerosi altri testi per lo più di argomento omosessuale risalenti al periodo dei Piaceri e i Giorni; il lettore interessato li troverà nel volume Il corrispondente misterioso, ottimamente curato da Margherita Botto per Garzanti nel 2019. L’importanza dei testi che abbiamo deciso di riprodurre in appendice è ineguale; per esempio, i due testi della rivista le Mensuel sono evidentemente soltanto dei tentativi, degli abbozzi in una direzione che Proust percorrerà in seguito. Invece L’Indifferente è un racconto di straordinaria bellezza, che non a caso Proust volle rileggere mentre scriveva Dalla parte di Swann. E Ricordo di un capitano è una pagina molto affascinante nella sua voluta enigmaticità.

La letteratura critica su I piaceri e i giorni è ormai molto ampia, manca però ancora un’edizione critica. Come mai, per quale motivo?

Alla fine degli anni ’60 uno studioso americano, Larkin B. Price, preparava un’edizione critica di Les Plaisirs et les Jours. Quando seppe che la prima opera di Proust sarebbe stata inclusa nella Pléiade in programma per il 1971 Larkin B. Price rinunciò alla propria edizione e passò al curatore della Pléiade, Pierre Clarac, la sua thèse sui Piaceri. I risultati delle sue ricerche furono così rifusi negli apparati dell’edizione della Pléiade, che per la prima volta presentò in appendice alcuni inediti scartati da Proust. Tuttavia, né Larkin B. Price né Clarac erano al corrente di un fatto importante. Tra il 1950 e il 1962, uno studioso allora giovane, Bernard de Fallois, aveva per primo ordinato la gran massa di manoscritti in possesso della nipote di Proust, Suzy Proust-Mante. Da quella massa disordinata, Fallois aveva ricostruito e pubblicato due opere inedite: Jean Santeuil e il saggio Contre Sainte-Beuve. Quando però nel 1962 Suzy Proust-Mante aveva venduto tutte le carte in suo possesso alla Bibliothèque Nationale, Bernard de Fallois aveva sottratto da quel fondo alcuni manoscritti capitali per conservarli in segreto nel suo archivio privato. Tra questi manoscritti, un corposo dossier di testi collegati alla genesi de I Piaceri e i giorni: i racconti di argomento omosessuale e una raccolta di massime sul modello di quelle dei grandi moralisti del XVII secolo. Non sospettando l’esistenza del dossier sottratto da Fallois, il curatore della Pléiade mise a punto un’edizione che riproduceva correttamente il testo dell’edizione originale, ma non rendeva conto dei materiali scartati da Proust e peraltro di grande interesse. Alla sua morte, nel 2018, Bernard de Fallois lasciò alla Bibliothèque Nationale il suo prezioso archivio segreto; da quell’archivio Luc Fraisse ha pubblicato la raccolta di racconti Il misterioso corrispondente e un altro volume, non ancora tradotto in italiano: Marcel Proust, De l’écolier à l’écrivain. Travaux de jeunesse (1885-1895), Classiques Garnier 2022. In futuro sarebbe auspicabile la messa a punto di un’edizione critica di les Plaisirs et les Jours che recasse in appendice i racconti del Misterioso corrispondente e la raccolta di massime pubblicata da Fraisse in De l’écolier à l’écrivain.

Cosa ci dice sulla ricezione di questo libro presso i contemporanei di Proust…

Proust era un esordiente, un giovane sconosciuto quando pubblicò I Piaceri e i Giorni. Si trattava di un volume di lusso, molto costoso a causa delle illustrazioni di Madeleine Lemaire, ed ebbe di conseguenza una circolazione limitata. Probabilmente furono più numerose le copie omaggio mandate da Proust ai suoi conoscenti che le copie vendute. Due amici di Proust, Léon Blum e Ferdinand Gregh, recensirono il libro senza troppa simpatia, forse un po’ invidiosi dell’alone di mondanità che lo circondava a causa delle illustrazioni di una pittrice alla moda negli ambienti aristocratici. Il romanziere decadente Jean Lorrain, che praticava anche un giornalismo volentieri scandalistico, stroncò a due riprese il volume; nella seconda stroncatura non si accontentò di insinuare che l’autore era uno snob senza talento, ma accennò a una sua amicizia troppo intima con il figlio minore di Alphonse Daudet, il giovane pittore Lucien. Proust sfidò Lorrain a duello e andò alla prova con coraggio esemplare; lo scontro si risolse senza spargimento di sangue. La recensione più lungimirante di quel libro di un esordiente sconosciuto fu quella di Charles Maurras, futuro leader dell’Action française, ma allora più interessato alla letteratura che alla politica. “Marcel Proust – scrisse Maurras – sarà per noi un nuovo testimone della verità ritrovata (…) In lui la dirittura dell’istinto sembra pari alla giustezza del calcolo. Bisogna che la nuova generazione si abitui a contare su questo giovane scrittore”.

Alla luce del secolo passato, qual è il reale valore dei Piaceri e i giorni, non solo in relazione con la successiva stesura della Recherche ma anche come opera autonoma, a se stante? I piaceri corrono spesso il rischio di essere messi in ombra dall’opera maggiore…

Il primo a rivalutare, alla luce della Ricerca, I Piaceri e i giorni fu Gide, nel suo contributo al volume della NRF in memoria di Proust nel 1923. “Tutto quel che ammiriamo in Swann o nei Guermantes – scrisse – si trova già nei Piaceri e i Giorni”. Gli studi critici successivi hanno confermato questa sua precoce intuizione, rintracciando nell’opera del giovane Proust molti temi della Ricerca: l’estetismo, lo snobismo, l’opera distruttrice del tempo, l’apporto dell’immaginazione all’ossessione amorosa, i crudeli meccanismi della gelosia. Inoltre, gli studiosi hanno esplorato in modo esaustivo i numerosissimi riferimenti intertestuali, hanno identificato le fonti delle epigrafi e delle citazioni, fornendo un prezioso quadro delle letture e delle curiosità del Proust poco più che ventenne. La nostra edizione – con l’aiuto della più recente, ammirevole edizione francese, curata da Thierry Laget per Gallimard nel 1993 – ha cercato di render conto dei risultati di tutte queste ricerche. In questa direzione Giuseppe Girimonti Greco ha integrato e arricchito il commento di Luzius Keller, fornendo ai lettori italiani uno strumento aggiornato per comprendere il testo in tutti i suoi risvolti e in tutte le sue allusioni, ed eventualmente per approfondire la conoscenza della relativa letteratura critica.

C’è un passo o un testo di questo libro a cui è affezionata o che vuole ricordare per qualche motivo?

Una delle pagine più ammirate dei Piaceri è la dedica di Proust a un suo giovane amico scomparso da poco, Willie Heath. Anch’io sono molto sensibile al fascino dell’evocazione che Proust fa dell’amico scomparso, già distaccato dalla vita e simile al San Giovannino di Leonardo sullo sfondo del Bois de Boulogne. E amo le parole che commentano questa evocazione: “Come gli amanti quando cominciano ad amare, come i poeti nella stagione in cui cantano, i malati si sentono più vicini alla loro anima. La vita, nella sua durezza, ci incalza troppo da vicino, ci fa male all’anima, continuamente. A sentire i suoi legami allentarsi per un attimo, si possono provare chiaroveggenti dolcezze”.

massimini@postfazioni.it

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M. Proust, I piaceri e i giorni, cura e traduzione di Mariolina Bertini e Giuseppe Girimonti Greco, con la prefazione di Anatole France, illustrazioni di Madeleine Lemaire, gli spartiti di Reynaldo Hahn, Mondadori 2022, coll. Oscar moderni, 372 pp.

M. Bertini ha insegnato Letteratura francese all’Università di Parma. Nelle sue ricerche si è occupata soprattutto di Marcel Proust e Honoré de Balzac. Ha inoltre curato una raccolta di testi e saggi di Giovanni Macchia uscita nei Meridiani Mondadori. Ha collaborato a La stampa e alle riviste Belfagor, MicroMega, L’indice dei libri del mese, Bulletin d’informations proustiennes, Micromégas, Cahiers de l’Association Internationale des Études Françaises, Studi francesi, Francofonia, Otto/Novecento, Riga, Nuova Corrente, Quaderni proustiani. È membro del consiglio direttivo del Groupe International de Recherches Balzaciennes, è corrispondente dall’Italia per L’Année balzacienne e fa parte del comitato scientifico di The Balzac Review/Revue Balzac. Nel dicembre del 2021 le è stato assegnato il premio “Italiques”per il saggio L’ombra di Vautrin. Proust lettore di Balzac.

G. Girimonti Greco è traduttore letterario e insegnante di Materie letterarie nella scuola pubblica. Tra gli autori che ha curato e tradotto: Perrault, Proust, Julien Green, Klossowski, Simenon, Michon, Jauffret, Boileau&Narcejac. Ha diretto la collana «La letteratura secondo Hitchcock» per Il Saggiatore e (insieme a Vanni Santoni) la collana «Romanzi» di Tunué. Si occupa principalmente di Proust, letteratura e arti visive. Collabora con il festival letterario campano «La pagina che non c’era». È redattore della collana «Gli Eccentrici» dell’editore salernitano Arcoiris e di alcune riviste letterarie e accademiche, tra cui «Quaderni proustiani», «Quattro».



Gianluca Massimini è nato a Pescara. Dopo gli studi universitari in Lettere ha svolto varie attività, vivendo per qualche anno a Bologna e successivamente a Vicenza, città nella quale risiede tuttora. Ha pubblicato molti racconti su rivista e le raccolte Eravamo insieme (2010) e Che cosa siamo, che cosa non siamo (2015). Editor, collabora con Postfazioni, Lankenauta e altri blog letterari.


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