La dimensione dell’Amore, esplorato in ogni sua tappa evolutiva, dal conforto di un sentimento che sboccia al disincanto amaro di chi ha visto sfiorire troppe rose, è l’oggetto di indagine di questa raccolta di racconti. La penna dell’autrice dipinge con delicato acume e raffinata ironia personaggi ora sbarazzini ora maestosi, collocandoli all’interno di atmosfere distanti tra loro, dalla melanconia partenopea al fascino delle metropoli europee, trascinando il lettore, fra vertigini creative e picchi di razionalità, in un viaggio nei meandri delle emotività indisciplinate, in cui si smarrisce il confine fra l’Arte e la Vita. Brevi storie intense, che disvelano la poetica sentimentale di Lodovica San Guedoro in tutta la sua limpidezza.
In occasione dell’uscita di Sacro Amor Profano di Lodovica San Guedoro, edita da Les Flâneurs Edizioni, abbiamo avuto il piacere di porre qualche domanda all’autrice, che ringraziamo per la sua cortese disponibilità a rispondere.
Gentile Lodovica, è arrivata alla sesta candidatura al Premio Strega in pochi anni. La prima candidatura è del 2016 con L’allegro Manicomio (Felix Krull Editore), segnalato da Biancamaria Frabotta e Cesare Milanese, l’ultima di pochi giorni fa, quando Franco Cardini ha proposto Sacro Amor Profano, edito da Les Flâneurs Edizioni. Non sarebbe ormai maturo il tempo di riconoscerle i meriti di una lunga vita votata alla Letteratura?
Ero, e sono sempre convinta, che il mio merito avrebbe dovuto essere riconosciuto già al primo romanzo, “Carne morta”, scritto tra il 1975 e il 1977 e pubblicato in proprio nel 1979 con lo pseudonimo di Eva Corona. L’avevamo illustrato noi stessi con disegni all’inchiostro di china, in stile incisione. Ogni capitolo iniziava con una capolettera. Che squisitezza, che fantasia! Talvolta quelle letterine sembravano merletto. La copertina, pure quella era stata disegnata da noi. Ma purtroppo la cultura italiana ha perso un appuntamento con la Storia. Non c’è da meravigliarsi di questo. Ed è quello che ha continuato a fare anche dopo, fino ad oggi: perdere appuntamenti con la Storia, scavalcare intere epoche letterarie. Il torpore spirituale della Nazione è pari solo alla sua spregevole cialtroneria. E così hanno trasformato la mia vita in un tormentoso rompicapo, in una infinita via crucis, quante volte ho vagato nelle tenebre della disperazione, nelle tetre gallerie della più amara sofferenza! E così la mia vita ha somigliato spesso a un combattimento con la morte. Per un artista di razza, essere riconosciuto è un diritto primario e inalienabile. Dovetti lasciare il paese. Dopo sette anni di inutili tentativi con le case editrici italiane, cercai rifugio in Germania. Trascorsi tre mesi, tre case editrici tedesche chiesero contemporaneamente l’opzione per un mio giallo letterario, “Incitazione a delinquere”.
Sacro Amor Profano esce con una casa editrice italiana, Les Flâneurs Edizioni, mentre in passato quasi tutti i suoi libri sono stati editi dell’editore bilingue Felix Krull di Monaco di Baviera. Il fatto che l’editoria italiana, per decenni, abbia disconosciuto la sua opera è senza dubbio incomprensibile. Vien da pensare che Les Flâneurs, finalmente, abbia infranto un sortilegio e una condanna protrattisi per anni…
Attenzione: Felix Krull Editore siamo io e Johann Lerchewald… Di nuovo noi e sempre noi a occuparci di tutto. Sì, Les Flâneurs è la prima casa editrice italiana in assoluto che abbia pubblicato un mio libro. Alessio Rega e Annachiara Biancardino hanno avuto la sensibilità e il fiuto che sono mancati per quarant’anni a Mondadori, Einaudi, Bompiani e tutti gli altri editori, grandi, medi e piccoli.
Malgrado la sua condizione di scrittrice in esilio, lei ha sempre conservato e alimentato la fiamma della lingua italiana…
Com’è vero. Tanto più che per un tempo sterminato non ho parlato la mia lingua se non con Lerchenwald, nato sì a Roma, ma da padre tedesco di Dresda e madre viennese, che aveva frequentato la scuola germanica e che, quando lo conobbi, parlava un italiano piuttosto esiguo.
A dispetto di tutti gli ostacoli, lei vanta una vasta e multiforme produzione, che va dalla commedia al dramma, dal romanzo ai racconti e ai drammi radiofonici, e una carriera letteraria caratterizzata da pubblicazioni in Germania…
Come ho già accennato, appena toccato il suolo tedesco, tre case editrici chiesero l’opzione per il sunnominato romanzo, uscito in Italia nella nostra Felix Krull, con sede a Firenze. Mi decisi per la più prestigiosa, la Luchterhand, fornita di un netto profilo letterario. Sennonché… a traduzione fatta, la casa editrice fu improvvisamente venduta, la collana di letteratura italiana, che avrei dovuto inaugurare, soppressa, e fui costretta a correre ai ripari offrendo il libro alla Nymphenburger, di taglio più commerciale. Con i nervi ancora scossi, “Einladung zum Mord” si guadagnò una trentina di recensioni, tra cui quelle della Neue Zürcher Zeitung (Zurigo) e dell’Abendzeitung (Monaco). All’edizione hard cover seguì la pubblicazione a puntate sulla Westfaelische Rundschau e l’edizione tascabile nella Ullstein. Poi, sempre nella Nymphenburger, una raccolta di racconti, l’edizione tascabile degli stessi nella Ullstein… e infine più nulla. La mondiale congiuntura era già allora fortemente antiletteraria. Tuttavia la mia vena creativa era troppo grande. Scrissi un dramma radiofonico, replicato più volte dalla WDR di Colonia e da Radio Brema. Ma, per quanto fossi stata dichiarata “autrice della casa”, i drammi proposti successivamente alla WDR furono rifiutati uno dopo l’altro: scrivevo in modo troppo libero e lo Zeitgeist non poteva accettarlo. Tentai di mutare pelle e, trapiantatami a Vienna, mi diedi al teatro: commedie, un dramma fantasmagorico dedicato al Burgtheater, collaborazioni con riviste teatrali italiane, discese ricorrenti in Italia per far rappresentare il mio creato: ma l’unico risultato tangibile di tante fatiche fu e rimase una splendida lettura scenica de “La vita è un sogno” con sei attori e sei leggìi al Teatro Argot di Roma. Ristabilitami, dopo quasi tre anni di Vienna, a Monaco, pensando seriamente alla posterità, la prima cosa che feci fu di mettere al sicuro le mie opere, edite e no, nella Sezione Manoscritti e Rari della BNCF (Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze): i tempi erano davvero bui e magari un incendio avrebbe potuto annientare tutto. Nel 2002, all’epoca del giubileo di Hermann Hesse, prese il via l’operazione “Herr Hesse a Baden”, più che una semplice trasposizione per il teatro di “Kurgast”. Per la tenacia, la bravura, l’abilità politica e l’inventiva che io e Lerchenwald vi profondemmo e per il muro di inerzia, indifferenza e stupidità con cui ci scontrammo, fu sfarzosamente paradigmatica ed esemplare. Questa ulteriore esperienza negativa ci portò a riconsiderare l’idea di una casa editrice nostra: fu così che nell’autunno del 2006 rinacque a Monaco l’antica casa editrice di Firenze: Felix Krull Editore. Libera, orgogliosa, combattiva e bilingue: italiana e tedesca. Come italiana ero io e tedesco Lerchenwald. Tra i libri che vi sono apparsi: “Requiem di Arlecchino” (2007), “Gli avventurosi Simplicissimi” (2008), “Pastor che a notte ombrosa nel bosco si perdé…” (2017) , “Amor che torni…” (2020), “Le inenarrabili tribolazioni della Poesia in tempi di barbarie” (2020), “Il mostro di Firenze e altri racconti” (2022).
Come è nato Sacro Amor Profano e perché ha scelto questo titolo?
Dal bisogno, dal desiderio, dall’urgenza vitale di scrivere ancora e sempre di amore, un sentimento grandioso, sublime, affascinante, che infiamma l’anima, che la innalza, la trasfigura, le dà grazia e bellezza, che vince la caducità e ricongiunge il nostro io con la vera essenza, divina, incorruttibile ed eterna. Che ci svela quanto di meraviglioso giace in fondo a noi. Il titolo è in polemica con la schizofrenia tradizionale, che distingue tra i due tipi d’amore: esso riunifica ciò che nella sua miseria l’uomo ha diviso. Per me l’Amore profano è sacro!
Per molti anni lei ha scritto romanzi. Come mai negli ultimi due ha scelto invece la forma breve del racconto?
Dopo aver lavorato ogni giorno per più di quattro anni di fila a “Pastor che a notte ombrosa nel bosco si perdé…” e ad “Amor che torni…”, insieme mille pagine di intensa scrittura poetica e sentimentale, mi sono voluta riposare. Un romanzo, specie se molto lungo, può diventare anche una prigione. Volevo sentirmi di nuovo libera, irresponsabile, volubile…
I racconti di Sacro Amor Profano, come è stato fatto notare, si distinguono “per la grande intensità espressiva e per uno stile etereo e mordace, lieve e corrosivo, aulico e semplice”. Anche alla luce delle sue opere precedenti, possiamo affermare che questi aspetti siano quelli che più la contraddistinguono, la sua cifra stilistica?
Aggiungerei la musicalità, l’ardente immaginativa, l’umorismo, l’ironia, il sarcasmo, il cinismo, per amore di completezza. E magari dimentico qualcosa.
Nella raccolta due passioni s’intrecciano, ugualmente tradite e deluse: quella amorosa e quella letteraria. Come mai ha deciso di approfondire proprio questi temi e di accostarli?
Perché sono complementari e sono miei da sempre. Parlo di quel che più conosco, e per cui patisco e gioisco, e non invento ubbìe spirituali ad uso di un lettore babbione.
In Storie diafane, il primo gruppo di racconti, ripercorre alcune vicissitudini della sua vita letteraria. Sono episodi eclatanti, che dicono molto sui suoi rapporti con l’editoria italiana e più in generale con il mondo culturale italiano. Come fa una scrittrice consapevole del proprio talento e del proprio destino a trovare di volta in volta la forza, la voglia di continuare a scrivere pur trovando attorno a sé mille ostacoli?
Secret de l’âme créatrice.
La sezione centrale, quella da cui prende nome l’intera raccolta, è dedicata all’amore, inteso come sentimento travolgente e assoluto. Ricorrono immagini femminili ritratte nel fiore degli anni ma anche nell’età adulta, tutte le donne presenti sono comunque prese da questa passione travolgente, pur trasfigurata spesso in qualcosa di onirico… C’è qualcosa di personale in queste vicende narrate, di autobiografico?
Lei ha letto e recensito diverse mie opere e lo dovrebbe sapere che sono tutte autobiografiche. Anche quando non lo sono dichiaratamente come nel caso dei due grandi romanzi sentimentali.
Scherzo finale ha la funzione di “un’irrisione burlesca del dolore e della tragicità dei racconti precedenti: è come una capriola di congedo, irriverente, maliziosa, sfavillante di ambiguità e di saggezza”. Possiamo intenderlo come un messaggio neanche troppo velato che l’autrice vuol consegnare al lettore?
Che l’uomo e la donna non sono fatti l’uno per l’altra? Però anche questo è un enigma. Come la vita e la morte, la gioia e il dolore. Il lettore può sfiorarlo, esplorarlo e… pensarne quel che il suo cuore, la sua esperienza e la sua intelligenza, la luce cangiante del suo prisma interiore, lo inducono a pensarne.
In ultimo, tornando alla candidatura di Sacro Amor Profano allo Strega 2023, cosa si aspetta dalla competizione appena iniziata? Vuole condividere con noi una previsione, azzardare un pronostico?
Io ho scritto il libro, il che non significa solo averlo scritto, e ora dovrei pure azzardare pronostici? Questo davvero non è più compito mio.
massimini@postfazioni.it
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Lodovica San Guedoro, Sacro Amor Profano, Les Flâneurs Edizioni 2023, pp. 144
Lodovica San Guedoro è autrice di romanzi, racconti, drammi e commedie. Nasce a Napoli da genitori siciliani. A Roma partecipa ai moti studenteschi ed è tra le femministe ultra di via Pompeo Magno. Sull’orlo dei vent’anni vola a Parigi: la decisione di divenire scrittrice è presa. Compie studi filosofici con indirizzo estetico a La Sapienza. Nel 2006, insieme allo scrittore tedesco Johann Lerchenwald, fonda a Monaco di Baviera una casa editrice bilingue: Felix Krull Editore. Si fa notare per le sue molte partecipazioni allo Strega: con L’allegro manicomio nel 2016; Pastor che a notte ombrosa nel bosco si perdé… nel 2017; Le memorie di una gatta nel 2019; Amor che torni… nel 2020; Il mostro di Firenze e altri racconti nel 2022.