Il mostruoso femminile di Jude Ellison Sady Doyle

Femminilità e mostruosità

Da che mondo è mondo, tutto ciò che è intrinsecamente femminile (le mestruazioni, la gravidanza, il parto) viene visto anche come intrinsecamente mostruoso. Quell’alone di mistero che circonda le cose non conoscibili, noi donne ce lo portiamo addosso come un profumo. E spesso questo incute timore, perché lo si associa a un diverso (e quindi spaventoso), più viscerale, legame con la natura. In tutte le discipline ontologiche “l’eccentricità femminile”, ovvero la presunta tendenza a un’emotività indisciplinata, non solo viene data per scontata, è anche sempre correlata alla suggestione di una postura esistenziale selvaggia, animalesca, non addomesticabile attraverso la razionalità, e pertanto inquietante.

Mi pare una buona occasione per (ri)parlarne e allargare le nostre riflessioni sul tema la lettura dell’edizione italiana (Tlon, 2021) dell’ultimo lavoro della pasionaria Jude Ellison Sady Doyle, Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne, un saggio di impianto femminista militante e intersezionale. Un lavoro sui generis, colto e battagliero, rigoroso e avvincente, in grado di suscitare simultaneamente ilarità e indignazione.

L’assunto di base da cui parte l’autrice è piuttosto semplice: «L’umanità è definita dagli uomini, perciò le donne, che non sono uomini, non sono umane». Sady Doyle si propone di rintracciare nei mostri dell’immaginario culturale, passato e presente, le fobie dell’inconscio collettivo: in altri termini, secondo l’autrice, analizzare le maschere del mostruoso femminile ci permette di riannodare il fil rouge con i timori maschili che le hanno generate.

Il terrore delle donne è forse la più importante verità dietro la misoginia. Del resto una gabbia ha due scopi. Il primo è di confinare, tenere in trappola, impedirci di fare incursioni nel loro territorio e di impadronirci di ciò che reputano proprio e che se sei maschio è più facile ottenere: il lavoro, i soldi e il rispetto. Ma il secondo scopo di una gabbia, il più interessante, è quello di proteggere il mondo circostante da ciò che è rinchiuso dentro: la gabbia esiste per evitare che le donne ne escano fuori.

Fobie sociali e immaginario culturale

Quali paure sommerse si celano dietro vampire fameliche, sirene ammaliatrici, spose fatate e donne serpenti? Per provare a rispondere a questa domanda l’autrice attinge a piene mani a un repertorio comune tra folklore, cinema, mitologia, letteratura e perfino cronaca. Sì, in questo saggio largo spazio è riservato alle true stories, che ci portano a constatare ancora una volta quanto labili siano i confini fra il reale e l’immaginario. Non ci ha mai sfiorati il dubbio che il ritratto di Norma Bates rifletta in controluce l’immagine di Augusta Gein, la madre del noto serial killer Ed Gein? Quanto la vicenda del famoso The Exorcism of Emily Rose è debitrice alla storia vera di Anneliese Michel, lasciata morire da una famiglia che la credeva posseduta dal demonio? L’immaginario nutre le superstizioni, che a loro volta continuano ad alimentare l’immaginario. Sono delitti già disegnati da molto tempo quelli che i romanzi gotici e i film horror ricalcano.

Il volume si compone di tre sezioni (“Figlie”, “Mogli”, “Madri”: le fasi in cui si divide la vita delle donne nella mentalità patriarcale), ognuna affollata di voci che chiedono vendetta. Sady Doyle riscrive, inserendole in una nuova prospettiva, le storie, fra le altre, di Tina Resch, un’adolescente vittima di abusi familiari, la cui casa si trasforma nel teatro di un’intensa attività di poltergeist, e di Regan, la dodicenne protagonista del romanzo L’esorcista e del film omonimo; di Bridget Cleary, arsa viva dal proprio sposo dopo essersi rifiutata di mangiare del pane e della protagonista in absentia di Rebecca la prima moglie, uccisa e gettata in mare dal marito perché incinta dell’uomo sbagliato; delle rinunce di Carolyn Perron, giovane donna che si convince di essere perseguitata dal fantasma di una strega con la sua stessa voce dopo sacrificato le sue passioni e la sua fede politica sull’altare della maternità,  e i sacrifici di Harriet Lovatt, la genitrice ‘mostruosa’ del Quinto figlio di Doris Lessing.

Tuttavia, mentre si procede nella lettura, si fa largo una domanda: e se il patriarcato, nel dotarsi di armi per combattere la propria battaglia in difesa dello status quo, avesse finito con l’offrire anche alle donne degli strumenti per sconfiggere le loro paure? Il sospetto aleggia soprattutto sull’ultimo capitolo del volume, incentrato sulla regina della mostruosità femminile, colei che popola gli incubi dei bambini (e spesso i sogni erotici dei loro padri): la strega.

Tremate, le streghe son tornate…

“Strega” è definizione prismatica, può evocare l’orrore della decadenza (magari vissuta a cavallo di una scopa) come la meraviglia di una giovinezza indomabile nella sua sensualità. Del resto, si sa, le streghe contengono moltitudini. Per provare a far luce in tanta oscurità, l’autrice si lascia guidare direttamente dal più antico trattato di stregoneria, il Malleus Maleficarum (secolo XV), che chiarisce ogni dubbio su quali siano i tratti distintivi che una donna deve vantare in curriculum perché la si possa reputare una strega: «Sembra chiaro che, soprattutto quelle malvagie, sono dominate da tre vizi: l’infedeltà, l’ambizione e la lussuria».

Le streghe, quindi, sono donne che hanno rivendicato per sé stesse i lussi che il patriarcato concede agli uomini, che poi corrispondono ai “vizi” che si tenta di sradicare dall’animo delle bambine fin dalla nascita, attraverso un sistema culturale costruito ad hoc per preservare una narrazione del femminile funzionale alla privazione del potere. Nonostante questo, la narrativa per l’infanzia si va riempiendo di streghe. Nonostante questo, pellicole come Giovani streghe sono diventate dei cult grazie alle adolescenti di varie generazioni. La stessa Sady Doyle ci confessa che la sua militanza femminista è partita da lì, dai pomeriggi raccolte intorno a una candela per cercare di evocare gli stessi poteri delle giovani protagoniste del film. Che la strega abbia finito per diventare una figura che, oltre a incarnare le paure maschili, racchiude l’essenza della ribellione femminile?

Quella della strega è l’imago femminile “mostruosa” più sovversiva. E la ragione è palese: le streghe non si sentono isole, non permettono agli altri di emarginarle rassegnandosi a una vita solitaria, loro si riuniscono in congreghe e cercano sorelle (la congrega stessa, a mio avviso, può essere considerata una cellula protofemminista). L’identificazione nella definizione di strega, sempre più di tendenza fra le giovani donne, è anche una risposta al randagismo affettivo che affligge chi si sente incapace di adattarsi alle aspettative sociali: essere strega significa cercare un branco di lupe solitarie in cui specchiarsi. E questo, sembra suggerire Sady Doyle, è il più grande timore del patriarcato, che da sempre si regge sul Divide et impera.

Un viatico per la vita

Quando si entra nel vivo del discorso, il sarcasmo delle prime pagine tende a scemare, rimpiazzato da una certa ridondanza concettuale di cui forse si poteva fare a meno. Ma non c’è dubbio che Sady Doyle possieda una capacità di analisi della realtà (anche interiore) che nulla ha da invidiare a blasonati studi psicanalitici o socioantropologici, il che le permette di consegnarci lavori, oltre che pungenti, audaci. Non solo per la nonchalance con cui scoperchia mostruosi vasi di pandora, colmi di verità scomode. Soprattutto perché i suoi testi si reggono tutti su un’ambizione altissima: non nascono come strumenti per rappresentare i conflitti che ci appartengono, ma per affrontarli, offrendosi come dei viatici per l’esistenza femminile.



Annachiara Biancardino, foggiana di nascita e barese d'adozione, ha sempre amato troppo i libri, infatti si è laureata in Lettere. È editor e consulente editoriale freelance, direttrice editoriale di Les Flâneurs Edizioni, fa parte del direttivo dell'associazione culturale Lessico e Nuovole ed è membro della Società Italiana delle Letterate. Suoi articoli sono apparsi su varie riviste specializzate e blog online.


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